A voi che, cammin facendo, avete visto sfiorire a uno a uno gli ideali accarezzati in gioventù. A voi che avreste meritato ben altro, ma non avete avuto fortuna, e siete rimasti al palo. A voi che non avete trovato mai spazio, e siete usciti da ogni graduatoria, e vi vedete scavalcati da tutti. A voi che una malattia, o una tragedia morale, o un incidente improvviso, o uno svincolo delicato dell'esistenza, hanno fatto dirottare imprevedibilmente sui binari morti dell'amarezza. A voi che il confronto con la sorte felice toccata a tanti compagni di viaggio rende più mesti, pur senza ombra di invidia. A tutti voi voglio dire: volgete lo sguardo a Colui che hanno trafitto!
La riuscita di una esistenza non si calcola con i parametri dei fixing di borsa. E i successi che contano non si misurano con l'applausometro delle platee, o con gli indici di gradimento delle folle.
Da quando l'Uomo della Croce è stato issato sul patibolo, quel legno del fallimento è divenuto il parametro vero di ogni vittoria, e le sconfitte non vanno più dimensionate sui fischi che si rimediano o sui naufragi in cui annegano i sogni.
Anzi, se è vero che Gesù ha operato più salvezza con le mani inchiodate sulla Croce, nella simbologia dell'impotenza, che con le mani stese sui malati, nell'atto del prodigio, vuol dire, cari fratelli delusi, che è proprio quella porzione di sogno che se n'è volata via senza mai realizzarsi a dare ai ruderi della vostra vita, come per certe statue mutile dell'antichità, il pregio della riuscita.
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